Dopo le proteste e le diffide contro l’illegittima trattenuta del 2,5% sul TFR SI RITORNA AL TFS

Ripristinare il TFS, sembra questa la soluzione adottata dal governo per ottemperare alla recente sentenza della corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il prelievo del 2,5% sugli stipendi dei dipendenti pubblici. Vediamo di chiarire la questione. Fino al 31 dicembre 2010, ai dipendenti pubblici alla cessazione del rapporto di lavoro venivano erogati due diversi trattamenti:

1 - Il TFR (Trattamento di Fine Rapporto), una forma di retribuzione differita che si determina calcolando, per ciascun anno di servizio, un importo pari all’entità della retribuzione lorda dovuta per ogni annualità, divisa per il parametro fisso 13,5. La quota rappresenta quindi il 7,41% della retribuzione (precisamente il 6,91% corrisposto all’ex dipendente più lo 0,50% corrisposto all’Inps per finanziare il Fondo di garanzia). Tale importo viene rivalutato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, di una percentuale costituita dall’1,5% in misura fissa e dal 75%  dell’indice Istat dei prezzi al consumo. Il TFR veniva applicato obbligatoriamente solo agli assunti dal 1.1.2001 e a coloro che avevano sottoscritto un fondo pensione.

2- Il Trattamento di Fine Servizio(TFS) che consiste in una somma di denaro “una tantum” per coloro che erano già  in servizio al 1.1.2001. Si calcola sull’80% dell’ultima retribuzione comprensiva della indennità integrativa speciale e della quota di tredicesima mensilità da moltiplicare per il numero degli anni utili ai fini della buonuscita. Il TFS poiché non costituisce un accantonamento annuo (come invece avviene per il TFR) ha  natura previdenziale e quindi è soggetto a  contribuzione: per il lavoratore pari al 2,50%, per il datore di lavoro del 7,10&. A seconda della qualifica del personale della scuola (dirigente, docente o personale ATA) e dell’anzianità, la ritenuta varia indicativamente tra i 30 e i 50 euro al mese.

Considerata la differenza di calcolo, per i lavoratori risulta più conveniente il regime di TFSperché viene calcolato sull'ultimo stipendio percepito, mentre il TFR ha come base di calcolo lo stipendio di ogni anno della carriera: dal primo all'ultimo. La manovra Tremonti col DL 78 del maggio 2010 prevedeva che a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i dipendenti pubblici ilcomputodel TFS andava effettuato secondo le regole del TFR.

La logica suggeriva che i lavoratori dovendo accantonare il 6,91% (così come è previsto per il TFR) non  avrebbero dovuto più  versare il contributo del 2,50%. Ma così era troppo facile. Infatti “i fini dicitori del diritto“ subito si attaccarono alla parola“computo”per giungere alla conclusione che la natura giuridica del TFS non mutava, ma mutava solo il sistema di calcolo (il computo) che diveniva quello del TFR. La prestazione era sempre di natura previdenziale e in conseguenza di ciò le Amministrazioni hanno continuato a mettere a carico dei dipendenti la trattenuta del 2,50% e versarla all’ex gestione Inpdap.

La recente sentenza n. 223/2012 della Corte Costituzionale non ha condiviso questa interpretazione e ha giudicato incostituzionale la contribuzione. Il governo ha dovuto prendere atto delle decisioni della Corte Costituzionale e, a fronte di un forte risarcimento ai dipendenti pubblici, ha fatto marcia indietro emanando il 26 ottobre 2012 un decreto legge, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, cheannullando quanto disposto da Tremonti:

 

  • ripristina il TFS per i dipendenti pubblici (esclusi gli assunti dal 2001 e gli aderenti ai fondi pensione) rendendo legittima la trattenuta del 2,5% sugli stipendi;
  • dispone l’estinzione di diritto di tutte le cause pendenti per ottenere la restituzione del contributo del 2,5%, salvo quelle definitive;
  • fa riliquidare d’ufficio entro un anno dall’entrata in vigore del decreto legge il TFS per chi è andato in pensione col TFR nel frattempo e ci ha perso;
  • annulla eventuali rimborsi per chi è andato in pensione e percependo il TFR ci ha guadagnato(rarissimi casi).

Si applicheranno cioè le regole in vigore prima della riforma di Tremonti con allora Grilli, attuale ministro del MEF, che in qualità di  direttore generale del Tesoro aveva avallato il provvedimento giudicato ora incostituzionale. Spetta ora al parlamento trasformare il decreto legge in legge dello Stato entro 60 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Se quanto abbiamo riportato sui contenuti del decreto legge corrisponderà a quello che sarà pubblicato in gazzetta ufficiale, appare inutile che i singoli dipendenti presentino richieste di rimborso delle cifre illegittimamente trattenute.

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