PARMALAT e i fondi pensione

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Un caso molto vivace, ancora in pieno sviluppo imprevedibile, che vede molti affanni per conquistare attività prestigiose … o solo manovre speculative per accaparrarsi il “tesoretto” da miliardo e 400 milioni di Euro che i nuovi amministratori sono riusciti a recuperare dai veri vampiri, le Banche? Ne vedremo delle belle … cordate tricolori, nostrane e francesi, che non rendono pubblico un bilancio da 10 anni) … un nuovo caso Alitalia?

PARMALAT UN CASO MOLTO, MA MOLTO ISTRUTTIVO

Sin dal primo giorno il Caso Parmalat (v. nota 1) è risultato molto istruttivo per i lavoratori Italiani. Infatti il fallimento della nota industria alimentare aveva subito messo in luce che i più danneggiati dalla bancarotta fraudolenta (2003) sarebbero stati i risparmiatori che avevano acquistato i bond della Parmalat quando già da mesi si sapeva che la Parmalat era sull’orlo del fallimento.

I Fondi Pensione truffati

Ma chi erano questi centinaia di migliaia di risparmiatori gabbati? In molti ormai li riconoscono nei 132.000 risparmiatori che stanno facendo ricorso ai tribunali per ottenere il rimborso, almeno parziale, dei loro sodi sfumati. Ma questo numero andrebbe moltiplicato parecchie volte se si tiene conto che molti degli acquirenti dei Bond della Parmalat erano dei Fondi Pensione.

Molti, sicuramente la maggior parte degli aderenti a questi fondi pensione, non hanno saputo - e forse non sapranno mai - di essere anche loro tra quelli che, a causa del fallimento della Parmalat, ci hanno rimesso una parte dei loro risparmi. Qualcuno tra loro lo verrà a sapere quando, nei prossimi trenta anni, andando in pensione, cadrà dalle nuvole per la miseria dell’entità della pensione integrativa che il suo Fondo Pensione gli erogherà. Qualche bravo operatore finanziario gli spiegherà allora: “si ricorda 20/30 anni fa quando fallì la Parmalat? Purtroppo….ma era stato un buon acquisto, promettevano interessi del 15-20%, un impegno anche molto avveduto, visto che tutte la Agenzie di Rating davano un ottimo giudizio (v. nota 2).

La prima grande lezione della Parmalat è stata quella appresa dai lavoratori italiani i quali, nel 2007, non hanno mollato il loro TFR perché, memori del caso, avevano capito che i Fondi pensione sono prodotti finanziari che poco hanno a che vedere con le loro esigenze di sicurezza e di garanzie per costituire delle vere pensioni. E, infatti, in pochissimi si sono fatti ingannare ed hanno devoluto il loro TFR ai Fondi pensione, quando tutti, Governo, Banche, Fondi, giornali, televisione e soprattutto sindacalisti li spingevano a “devolvere”.

Lo stato di salute della Parmalat oggi

Un’altra grande lezione i lavoratori la potrebbero apprendere dalle vicende attuali della Parmalat, se solo la stampa i media ne parlassero comprensibilmente e diffusamente.

Alla Parmalat sta succedendo questo: in pochi anni, Enrico Bondi, Commissario dal 2003 al 2005, Amministratore Delegato dell’azienda dal 2005, ha rimesso le cose a posto; l’azienda produce, è tornata ad essere un colosso del settore agroalimentare, realizza ricchi dividendi per gli azionisti e soprattutto, quello che più interessa noi, ha realizzato la stabilità lavorativa di decine di migliaia di lavoratori.

Ma la cosa più incredibile è che l’attuale Amministratore Delegato ha fatto causa alle banche che avevano usato la Parmalat per truffare migliaia di risparmiatori e la stessa azienda. Cosa abbastanza rara, i tribunali hanno dato ragione all’attuale Parmalat, per cui l’azienda dispone oggi nel proprio portafogli di un tesoro veramente grande: oltre 1.400 milioni di Euro!!!

La prossima Scadenza

Il 12 Aprile si terrà l’Assemblea Ordinaria egli Azionisti della nuova e rediviva Parmalat, per quella scadenza tre soci azionisti si sono accordati per eliminare l’attuale Amministratore Delegato e sostituirlo con un altro più veloce a realizzare e innalzare dividendi e forse anche… a distribuire il tesoretto di 1.400 milioni. Ma chi sono questi soci azionisti che vogliono far fuori l’attuale Amministratore Delegato e management al seguito? Sono soltanto tre e, messi insieme, fanno meno del 16% dell’azionariato; si chiamano Zenit Asset Management, Mackenzie Cundill Investment Management e Skagen AS.

Chi siano questi fondi d’investimento noi, poveri comuni mortali, non lo sappiamo, l’unica cosa che si capisce è che sono tutti e tre stranieri: uno svedese e due americani, di cui uno canadese. Quello di cui abbiamo assoluta certezza è che si tratta di fondi finanziari e che agiscono con tutta la cupidigia e la fretta che distingue gli speculatori finanziari.

Anche un’altra cosa abbiamo capito: che non “gliene po’ fregà de meno” dell’industria e soprattutto dei lavoratori addetti, l’unico interesse è quello di fare soldi, tanti, tantissimi, e più in fretta possibile: fare soldi con i soldi, il resto proprio non li riguarda. Dai loro comunicati si capisce che lamentano una mancata estensione estera dell’attività, la mancata diversificazione dei prodotti.

Il Gioiellino

A questo punto ci corre l’obbligo di consigliare i nostri lettori di correre a vedere il film il “Gioiellino” uscito nelle sale all’inizio di marzo. Il film racconta la storia del Crac della Parmalat nel 2003 e sembra di vedere le stesse scene: estendiamo il mercato, diversifichiamo la produzione! Il film è senz’altro da vedere anche per la presenza di Toni Servillo, attore proprio imperdibile. La ricostruzione della vicenda ci è sembrata abbastanza fedele, per quello che possiamo valutare noi che le cose le conosciamo solo attraverso i giornali. Sempre da “non esperti”, ci pare però che sia nettamente sottovalutato il ruolo delle banche e degli operatori finanziari nel creare l’immensa truffa che sottostava alla bancarotta. Nel film sembra che sia stato soprattutto il cattivo Calisto Tanzi a usare le banche, i fondi e realizzare le frodi, invece, soprattutto nell’ultimo anno prima del crac, le cose sono andate al contrario: sono state le banche, i fondi e le Agenzie di Rating a usare il Gioiellino Parmalat per realizzare il malaffare, che ha consentito loro di intascare miliardi e lasciare a secco i risparmiatori.

Il secondo insegnamento

In questi giorni si rimane frastornati non solo dalla vicenda in se stessa, dal film che la racconta, dalle informazioni della stampa specializzata, ma anche dalla consistenza, dalla quantità di interessi che agita il mondo della finanza, fino all’ultimo episodio che ha portato all’approvazione, nel decreto “Milleproroghe 2011”, di un emendamento ad hoc sulla materia. Il succo perciò è che per i lavoratori, per i loro risparmi è un obbligo non eludibile stare lontano dal mercato finanziario: non è cosa per loro, né per i loro risparmi. Anzi, a vedere e conoscere un po’ questa vicenda, si dovrebbe riconoscere che il mercato finanziario fa male a tutti i cittadini e fa male all’intera umanità soprattutto quando si maschera da fondi pensione.

Piero Castello, Fulvio Freschi e Gianna Muller, pensionati Cobas

(1) Parmalat: Azienda agroalimentare. Prodotti: latte, yogurt, panna; dopo il crac, si privò delle attività non strettamente casearie. Fatturato 2009: 3.964,8 miliardi - Utile netto 2009: 666,8 milioni – Dipendenti 2009: 13.788 – 68 stabilimenti produttivi nel mondo. In Italia, si rifornisce di latte da circa 800 stalle. - Presenza diretta: Australia, Botswana, Canada, Colombia, Cuba, Ecuador, Italia, Mozambico, Paraguay, Portogallo, Romania, Russia, Sudafrica, Swaziland, Venezuela, Zambia. Presenza tramite licenza: Brasile, Cile, Cina, Messico, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Spagna, Stati Uniti d'America, Ungheria, Uruguay.

(fonte: wikipedia marzo 2011)

(2) Agenzie di Rating: Organismi ufficiali, quasi tutti statunitensi, deputati a valutare il grado di sicurezza, affidabilità, solvenza di prodotti finanziari, aziende ed addirittura interi stati. Proprio nel caso Parmalat fu evidente il grado di compromissione che le Agenzie di Rating avevano con le imprese, soprattutto bancarie che dovevano essere oggetto delle loro valutazioni, addirittura funzionari e dirigenti delle agenzie risultarono essere dirigenti e funzionari delle stesse Banche o fondi comuni. Le agenzie di rating fungono principalmente da intermediari di informazioni tra coloro che emettono titoli e gli investitori, riassumendo, dopo un’accurata analisi, le indicazioni fondamentali del merito creditizio in una semplice lettera, che sta ad indicare una precisa classe di rating, dunque, un giudizio più o meno positivo, in base ad una scala, ovviamente dietro pagamento di un certo ammontare da parte dell’emittente.

(Greta Fabio, tesi di economia alla Luiss)

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