Le vere cause del “buco” previdenziale.

Fornero

L’attacco che, con le nuove dichiarazioni sul “buco previdenziale” fatte nei giorni scorsi, fa parte della più ampia strategia partita con la riforma pensionistica Fornero.

Si è parlato di 10 miliardi di deficit, addossabili interamente alla gestione ex Inpdap.

Già la l’approssimazione con cui è stata lanciata questa cifra (che probabilmente è di parecchio inferiore a quella reale) fa capire che queste dichiarazioni sono parte di una orchestrazione per strumentalizzare, come al solito, i dati reali, senza dare conto delle ragioni e delle cause da cui essi originano.

Abbiamo dovuto già qualche tempo fa smentire queste dichiarazioni, ma, data l‘assenza di reazioni da parte di chi dovrebbe istituzionalmente replicare, ci vediamo costretti a ripetere le nostre risposte, approfondendole.

La prima considerazione: storicamente, nel corso della gestione previdenziale Inpdap, moltissimi enti che prima versavano i contributi all’ex istituto, da un certo punto in poi hanno cominciato a versare non più all’Inpdap, ma all’Inps, come conseguenza dei processi di privatizzazione di aziende municipalizzate e statali applicati da tutti i governi, a cominciare da Amato-Bassanini, dal 1992, per finire agli ultimi Prodi e Berlusconi. E questo rappresenta una prima quota di contributi distolti dall’Inpdap, che comunque restava competente per l’erogazione delle pensioni del personale che era stato iscritto alle sue casse previdenziali.

Unasecondavoragine è costituita dalla massa di contributi che Inps avrebbe dovuto versare, a suo tempo, nelle casse Inpdap, a seguito delle ricongiunzioni richieste ai sensi della L. 29/79. A questa legge sono ricorsi, per la gran parte, dipendenti pubblici che avevano prima lavorato nel privato, per poter usufruire, ai fini pensionistici dei contributi versati all’Inps. L’Inps ha certificato all’Inpdap l’esistenza di tali contributi per far calcolare le pensioni (poi pagate da Inpdap), ma non li ha mai trasferito materialmente.

Anche in questo caso l’Inpdap ha pagato parecchie centinaia di migliaia di pensioni senza avvalersi di una quota consistente di contributi.

Per di più, il processo contrario, cioè la pensione pagata da Inps sulla base anche di contributi versati a Inpdap, non ha funzionato con le stesse modalità. L’Inps, infatti, calcola la pensione solo sulla base di contributi effettivamente introitati e non su quelli semplicemente certificati. Quindi l’Inpdap, in caso di ricongiunzioni verso le casse Inps, ha dovuto materialmente versare i contributi, cosa che abbiamo visto l Inps, in caso contrario, non faceva.

Un altro elemento importantissimo, quello che forse più pesa sul deficit, è che da quando, nel 1994, le casse previdenziali dei dipendenti pubblici vennero unificate nell’Inpdap, si è interrotto il meccanismo preesistente di versamento dei contributi da parte degli enti iscritti.

Prima, tali enti versavano la quota di contributi attraverso una “partita di giro” con lo Stato, che se li tratteneva come crediti nel momento in cui esso Stato, si trovava a dover finanziare gli stessi enti.

Esistevano quindi, seppur versati in maniera indiretta al Tesoro, i contributi degli enti iscritti. Con l’istituzione dell’Inpdap, quei contributi che non venivano versati materialmente prima hanno continuato ovviamente a non essere versati, ma con la differenza, che l’Inpdap non aveva nessuna possibilità di rivalersi e di acquisirli in maniera indiretta, come faceva prima lo Stato.

Gli unici a sostenere regolarmente i fondi pensionistici restavano, perciò, i lavoratori con la quota di contributi di loro competenza, trattenuti sulle buste paga. L’assenza totale di contribuzione da parte delle amministrazioni apre naturalmente una voragine, anzi un cratere senza fondo.

Eppure nessuno si è sognato di combattere questa evasione contributiva così ampia con gli stessi mezzi di coercizione adoperati per quella delle aziende private, non ci sono state iniziative ispettive applicate con continuità per costringere gli enti a versare quanto dovuto.

Va detto con forza che queste informazioni e questi dati sono perfettamente conosciuti da tutta le sequenza di esperti politici economisti e giornalisti che non si fanno scrupolo di intervenire ripetutamente sulla materia, ma che fingono regolarmente e volontariamente di ignorare questi elementi.

Così come non si fa mai cenno pure agli altri fatti che hanno concorso pesantemente alla formazione del “buco previdenziale” Inpdap, che oggi costoro fingono di scoprire come su fosse una fatalità e come se dipendesse da chissà cosa e non dalle politiche scellerate condotte da tutte le istituzioni in questi anni.

Questi ulteriori elementi sono costituiti dalle amplissime privatizzazioni dei servizi prima gestiti internamente dall’Inpdap, nel settore socio-assistenziale, nel settore finanziario-creditizio, nel settore patrimoniale, nel settore informatico.

Privatizzazioni che sono state sempre giustificate con una pretesa “razionalizzazione” dei costi, e che invece hanno prodotto, a fronte di sempre maggiori spese,  anche una minore efficienza dei servizi affidati al di fuori dell’amministrazione.

La “finanza creativa”, cha ha cartolarizzato il patrimonio immobiliare, l’affidamento della gestione dello stesso patrimonio per lunghi anni a società mandatarie esterne, l’affidamento all’esterno sei servizi inerenti le strutture sociali ed educative, la cessione di gran parte del credito prima erogato direttamente agli istituti finanziari sul mercato, la stessa cartolarizzazione del credito, che ha comportato la rinuncia ad introiti sostanziosi dati dagli interessi sui prestiti e sui mutui.

Tutto ciò ha prodotto solo sensibili perdite di incassi ed aumenti a dismisura delle uscite per appalti e contratti esterni, in settori nei quali in precedenza si registravano introiti consistenti ed una efficacia della gestione notevole. Ad esempio, nel primo anno di gestione affidata del patrimonio all’esterno si registrò un ricavo del – (meno) 3% (spesa superiore al ricavo), mentre prima, con la gestione effettuata da uffici interni, il ricavo era del +4 %.

Ma si sa che il “mercato” mal digerisce servizi e gestione pubblici efficaci e produttivi, perché non si conciliano con la distorta visione della “concorrenza” che i (im)prenditori di questo paese hanno in mente.

E veniamo, infine, ai cosiddetti “rimedi” che vengono ipotizzati per coprire questo buco. Naturalmente, stante lo stato delle loro finanze, nulla si può fare sull’evasione contributiva degli enti pubblici e delle amministrazioni statali, niente sulla continua emorragia di denaro pubblico verso le casse delle aziende appaltatrici. Ed allora si percorre la strada più facile, che è anche quella, però, più irregolare e scorretta, sempre la stessa, colpire la parte meno difesa, i lavoratori.

Così pensano di versare, nella voragine che loro stessi hanno creato ed allargato sempre di più, altri fondi, quelli costruiti con il contributo di tutti i lavoratori pubblici, quelli versati per le attività sociali ed il credito con la trattenuta obbligatoria dello 0,35 %. Contributi che sono dei lavoratori, ma che costoro vogliono ancora una volta utilizzare come se fossero loro, come se provenissero dal cielo e non dalle tasche dei dipendenti.

È una truffa vera e propria, che non ha nulla da invidiare, nel peggio, alle malversazioni ed alle ruberie di cui è piena la cronaca “politica” quotidiana.

È una questione che rimane aperta e sulla quale sarebbe bene che tutta l’informazione abbia comportamenti meno scorretti e meno superficiali, perché è questione che coinvolge l’entità reale del deficit pubblico, in quanto se si dovesse appurare a quanto realmente ammonta la voragine del debito prodotto da questa evasione contributiva, potrebbero aprirsi nuovi scenari ancora più disastrosi di quelli attuali, già di per sé drammatici.

Rimandiamo, per ulteriori approfondimenti e chiarimenti sull’argomento, agli interventi video che parallelamente a questo comunicato, stiamo veicolando su diverse piattaforme di comunicazione (You tube e altre) in questi giorni.

 

COBAS INPDAP

 

http://www.youtube.com/watch?v=wr97TqB4nrw&feature=plcp

 

http://www.youtube.com/watch?v=Ms16F9NblnY&feature=plcp

PER UNA SOCIETA' DEI BENI COMUNI

Una giornata di dibattito sul libro di Piero Bernocchi
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Discutendo di benicomunismo, per un’altra società.

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