LE RIFORME del governo RENZI

LE RIFORME del governo RENZI

Il governo Renzi si è assunto il compito di ridisegnare l’architettura Costituzionale e Istituzionale del Paese per renderlo più funzionale alle esigenze del capitalismo europeo e internazionale (adottando come linea-guida il Memorandum Trichet-Draghi del 2011).

Il “ cuore” del progetto è la riduzione degli anelli della catena di comando con l’eliminazione degli “strati amministrativi intermedi” (comprese lobbie varie, sindacati e similari), passando da un sistema di potere decisionale policentrico a un sistema centralizzato-dirigista.

Non a caso, le maggiori riforme riguardano la Costituzione (Senato e bicameralismo perfetto, materie concorrenti Stato-Regioni, abolizione delle Province), la legge elettorale e la Pubblica Amministrazione. 

Pertanto, analizzare la riforma della P.A. decontestualizzandola dal quadro generale risulta fuorviante. Le motivazioni addotte sui risparmi e il contrasto agli sprechi, nonché alla debordante corruzione e evasione fiscale rientrano negli effetti collaterali, buone da dare in pasto all’opinione pubblica, ma non la vera “ratio” delle riforme. Infatti, interventi decisivi su tali questioni, finora sono stati del tutto ininfluenti. 

Il Jobs Act, i provvedimenti (minimi) sulla rete di protezione sociale, la revisione delle relazioni industriali, la prossima revisione dei comparti contrattuali del P.I., la estrema fidelizzazione della Dirigenza, lo stravolgimento della contrattazione nazionale a favore di quella di secondo livello, fanno parte dello stesso disegno, ossia approssimare l’Italia all’omologazione con i Paesi del Nord Europa (purtroppo, mai per gli stipendi pubblici e lo Stato Sociale), diminuendo l’intervento pubblico a favore del privato.

La revisione della P.A. e i tagli alla spesa pubblica servono a renderla funzionale all'impresa e, nello stesso tempo, a destinare risorse verso le contro riforme progettate ma c’è soprattutto, il disegno di centralizzare i bottoni del comando in capo all’ Esecutivo.

In controtendenza al decentramento degli ultimi anni, si “riordinano” le Province (cui seguirà la soppressione per via costituzionale) ad opera della legge 56/2014 (Del Rio), vengono accorpate Prefetture e i complessi scolastici, si accorpano le strutture ospedaliere, dipartimenti dei ministeri, uffici delle Agenzie Fiscali, camere di commercio, si impongono le Unioni dei Comuni, viene eliminato il Corpo Forestale e si va di gran carriera verso le macro Regioni.

Tutto questo bailamme di chiusure/accorpamenti/riordini, è stato accertato da organi insospettabili, tipo la Corte dei Conti, non apporterà che risparmi risibili, tali da non giustificare tale stravolgimento, ma trovano spiegazione nell’ottica suddetta di riduzione dei corpi intermedi.

Di certo, M.Renzi sul P.I. ha trovato il terreno già preparato dalle campagne denigratorie di brunettiana memoria sui fannulloni, finalizzate alla demolizione del pubblico e al trasferimento delle risorse finanziarie verso il privato. Ancora oggi, nella disamina delle retribuzioni del P.I. si continua a fare la media tra stipendi dei dirigenti (che hanno una separata area di contrattazione) con quelli dei non dirigenti, estraendo dati “drogati” sulle dinamiche retributive dei lavoratori pubblici, quando anche non si inseriscono nelle statistiche i magistrati, i giudici dell’alta Corte, i generali e i diplomatici. 

Un lavoratore pubblico, inquadrato in una media qualifica, arriva a stento a percepire 1.400 Euro e il medesimo lavoratore dopo 37 anni di lavoro, va in pensione con 1.350 Euro, eppure, grazie ai media asserviti, nell’immaginario collettivo si ritiene che oltre ad essere tutti fannulloni, percepiscano stipendi sopra la media e abbiano tutti pensioni d’oro.

Così come viene “reclamizzata” e soggetta a ripetute incursioni della magistratura contabile tutta la partita del salario accessorio dei lavoratori nei ministeri e negli enti (Mef, comuni di Firenze, Roma ecc.), volgarmente messa in pasto a mass media e opinione pubblica di cui non si dice che spesso con questa fetta di salario si remunerano a babbo morto  turni e carichi di lavoro massacranti e disagi lavorativi insopportabili. 

La leggenda dei fannulloni è esilarante, però ha trovato ampio spazio nell’opinione generale, grazie ai bombardamenti mediatici, che, di pochi casi singoli, hanno fatto la generalità. Premesso che qualsiasi lavoratore, pubblico o privato, fa quello che gli si chiede di fare, qualora esistano casi dove un lavoratore pubblico stesse con le “mani in mano” di chi è la colpa? Ci sono dirigenti pagati profumatamente (dai 100.000 Euro in su) per dirigere, organizzare e controllare, ma i media su di loro non hanno mai puntato il dito. E come mai gli stessi media, a fronte di stipendi mediamente più bassi di quelli di Germania o Francia, non si sono mai accorti che sono questi “fannulloni” a mandare avanti il carrozzone pubblico, devastato e depredato dalla classe politica ?

 

“La riforma del “pubblico” va avanti a passi spediti  ma non senza "regali" ai privati, basti vedere i casi dell'igiene ambientale in Toscana, con l'acquisto da parte dei Comuni di quote azionarie private a prezzi esorbitanti. Per evitare equivoci va posta l’ attenzione sul fatto che non si tratta in questo caso di processi di reinternalizzazione dei servizi pubblici per esercitare un attività seppur indiretta di indirizzo, controllo e gestione di un servizio, perché il 49% delle azioni della grande azienda pubblica nel settore igiene ambientale che opererà nominalmente lungo la costa toscana ( non sarà mica una sorta di holding finanziaria?), saranno cedute a un soggetto privato e a cui farà riferimento il management aziendale. In sostanza il riacquisto di quote da parte degli enti pubblici non è altro che passaggio strumentale e operativo in cui gli stessi si sono assunti l’ onere di liquidare le molteplici partecipazioni delle piccole e variegate società private presenti sui territori, allo scopo di costruire più facilmente una grande aggregazione societaria con il socio privato,  che ricoprirà un ruolo strategico, e a cui demanderanno  la programmazione operativa e il controllo gestionale  secondo la concezione tipica di un capitalismo assistito dalla politica.”.

 

Quello che segue è l’articolo del Testo Unico – DLgs 165/2001 - come novellato dal DLgs 150/2009

 

Art. 55 - quater. 

 

Licenziamento disciplinare (1) 

 

1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:

a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;

 

b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;

 

c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;

 

d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;

 

e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui;

 

f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.

 

2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54.

 

3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso. 

 

  1.  Articolo aggiunto dall’art. 69, co. 1, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150<http://www.altalex.com/documents/leggi/2009/12/11/la-riforma-brunetta-sulla-pubblica-amministrazione-pubblicata-in-gazzetta

 

La media dei licenziati è di circa 200 all’anno, a fronte di circa 6000 provvedimenti disciplinari avviati. Nel 2013 ci sono stati 220 licenziamenti (ultimo dato disponibile circa 200 nel 2104).

 

 

 

 

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