IKEA, istruzioni per lo smontaggio I lavoratori di Piacenza in visita all’Ex Colorificio Liberato di Pisa

IKEA, istruzioni per lo smontaggio I lavoratori di Piacenza in visita all’Ex Colorificio Liberato di Pisa

Nel 2013 a Pisa apriranno i grandi magazzini IKEA, voluti dalla Giunta Filippeschi a costo di varianti urbanistiche approvate a tempi di record e terreni comunali svenduti a ben noti gruppi imprenditoriali locali, perché li potessero rivendere alla multinazionale e, grazie ai profitti milionari ricavati, riuscissero a finanziare, con operazioni poco trasparenti, le opere del porto di Marina. Un enorme giro di soldi, messo in moto con la diretta complicità dell'Amministrazione comunale. Circondato da tutte le autorità cittadine, poche settimane fa il Sindaco ha posato la prima pietra del futuro punto vendita che sorgerà sull’Aurelia, tessendo le lodi di un’operazione nell’interesse di tutti i pisani: gli imprenditori che vedono salvi i loro affari, i nuovi lavoratori a cui si promette l’assunzione (su posti precari e assai poco qualificati) e i consumatori che potranno riempire le loro case di mobiletti a basso costo, trasformando così in realtà l’immagine della “famiglia felice” targata IKEA.

Peccato che nel magico mondo di Filippeschi nessuno abbia interesse a rivelare quello che i laconici foglietti illustrativi della multinazionale non dicono. Se si guarda meglio dentro ai kit fai-da-te dei mobiletti, oltre a pezzetti di legno chiaro e brugole, si scopre una realtà fatta di sudore e sfruttamento del lavoro, di diritti e dignità negati. Già da qualche tempo, inchieste italiane e internazionali gettano luce sulla realtà del modello IKEA, venuta definitivamente alla ribalta nazionale con le cariche della polizia contro i lavoratori delle cooperative che mandano avanti il Deposito Centrale IKEA di Piacenza, il più grande dell’Europa del Sud.Di tutto questo si è discusso nel partecipato dibattito organizzato ieri sera, 30 novembre, all’Ex Colorificio Liberato, da Laboratorio Rebeldía e Cobas, a cui appartiene la maggior parte dei lavoratori delle cooperative di IKEA Piacenza. Tre di loro erano presenti per portare una testimonianza diretta, che ha aperto squarci inquietanti sulle condizioni di lavoro che fanno la fortuna del colosso svedese (che poi svedese non è, come ha spiegato Luca Martinelli di Altreconomia, in un video che illustra in dettaglio la struttura proprietaria di IKEA e il gioco di scatole cinesi, holding e fondazioni con sede in Olanda, attraverso cui la multinazionale riesce ogni anno a evadere il fisco italiano per decine di milioni di euro).Filippeschi ha già promesso centinaia di posti di lavoro con quote riservate ai “pisani” (una prospettiva dal vago sapore leghista, che ha sollevato un vespaio di polemiche), ma le scatole che si troveranno sugli scaffali dei grandi magazzini IKEA di Pisa vengono stivate, spostate e caricate sui camion da centinaia di lavoratori migranti, sottopagati (3,99 euro/ora), che insieme all’evasione fiscale sono il segreto dei bassi prezzi dei prodotti del colosso. Discriminati rispetto ai pochissimi dipendenti di IKEA impiegati nella logistica, i lavoratori delle cooperative subiscono un trattamento indecente, con salari da fame e carichi di lavoro illegali: un solo operaio costretto a muovere colli da oltre 80 kg, per fare un esempio.La lotta in corso al Deposito Centrale di Piacenza è emblematica della truffa che si nasconde dietro al sistema delle cooperative in Italia su cui multinazionali come IKEA esternalizzano i propri servizi. I racconti dei lavoratori in visita all’Ex Colorificio Liberato hanno offerto uno spaccato dello sfruttamento operaio, dove ormai è massiccio l’impiego di migranti sottoposti al ricatto della legge Bossi-Fini, discriminatoria e di fatto razzista: infatti, per mantenere il permesso di soggiorno e non diventare "clandestini", rischiando di finire reclusi in un CIE, o peggio essere espulsi, occorre accettare infami condizioni di lavoro. Nel sistema delle cooperative il socio-lavoratore è socio di nulla e lavoratore a basso costo, privo delle minime garanzie contrattuali. Salari miseri, lavoro a chiamata, richieste di regalie ai caporali, vessazioni ed evasione fiscale sono la regola e permettono a grosse committenze di disporre di lavoratori low-cost. Imprenditori e cooperative guadagnano, le amministrazioni locali chiudono un occhio e IKEA ringrazia.Il risveglio della dignità operaia che negli ultimi anni sta scuotendo il settore della logistica in tutta l'area tra Milano, Piacenza e Bologna e si manifesta con scioperi e lotte coraggiose è un segnale importante, che sta riscuotendo una amplissima solidarietà e sta ricomponendo un settore di lavoratori particolarmente deboli e di solito oscurati dai media.La controparte cerca di ostacolare questo percorso conflittuale attraverso una politica anti-sindacale puntellata, all’occorrenza, dalle istituzioni, dai sindacati gialli e dalle forze di polizia. Il tentativo di espellere delegati e lavoratori più combattivi dal deposito IKEA è cosa già vista in altre vertenze e assume un significato squisitamente politico e anti-sindacale, visto che mira solo a minare l’agibilità della lotta dei lavoratori che vogliono mettere in discussione lo sfruttamento al quale sono sottoposti.Questo è il vero volto di IKEA, basta scavare un poco per conoscerlo. Prima di varcare le porte dei grandi magazzini gialloblù, cui le amministrazioni comunali continuano a stendere tappeti rossi, è bene ricordarlo. 

Laboratorio Rebeldía

Sindacato Intercategoriale Cobas Piacenza

Confederazione Cobas Pisa

Rifondazione Comunista

PER UNA SOCIETA' DEI BENI COMUNI

Una giornata di dibattito sul libro di Piero Bernocchi
OLTRE IL CAPITALISMO
Discutendo di benicomunismo, per un’altra società.

Guarda gli interventi del Convegno

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