Ma di cosa stiamo parlando al comune di Firenze?

Firenze

Dopo l’annuncio, dato non senza qualche soddisfazione da certa stampa, delle notifiche per “danno erariale” da parte della Corte della Conti a 36 persone tra funzionari del comune di Firenze e rappresentanti sindacali dei lavoratori che hanno sottoscritto gli accordi aziendali degli ultimi 10 anni, è ripartita l’ignobile compagna di denigrazione del dipendente pubblico che ruba lo stipendio, fannullone, privilegiato e compagnia cantando.

Incentivata vergognosamente anche dal sindaco che per motivi elettorali non ha esitato ha cavalcare questo ignobile argomento pur di guadagnarsi facili consensi tra quella parte di cittadini disinformati e più permeabili alle campagne orchestrate da governi di destra e di sinistra oltre che dai media di regime. Campagne per preparare quel brodo sotto culturale favorevole per sferrare il più violento attacco che si ricordi nella storia “democratica” del paese ai diritti e al salario di tre milioni e mezzo di lavoratori dei comparti pubblici.

Ma di cosa stiamo parlando: è bene che tutti sappiano a quanto ammontano gli stipendi che abbiamo “rubato”. I nostri tabellari, ossia la parte stabile dello stipendio, è in media significativamente più bassa di qualsiasi comparto privato a parità di qualifica. Solo per fare un esempio, un operatore cimiteriale, o se preferite il “becchino” che seppellisce i nostri cari deceduti, che cura le tombe dei nostri morti, che li esuma quando le salme dalla terra vengono spostate nei cosiddetti forni, nel fango sotto la pioggia o la neve, senza quegli spiccioli di indennità contestate, arriverebbe a circa mille euro al mese dopo magari venti o trent’anni di lavoro. Comprendendo le indennità che, attraverso una difficile e faticosa  contrattazione aziendale condotta in maniera il più possibile equilibrata, assolutamente trasparente (è la Corte dei Conti stessa ad esaminare ogni accordo e quindi a sbloccare la sua applicazione) e del tutto in linea con le norme legislative e contrattuali, un operatore cimiteriale del comune di Firenze arriva attualmente ad uno stipendio di circa 1.300 Euro al mese.

Sfidiamo la cattiva informazione a verificare se tali stipendi sono, in primo luogo un furto, e in secondo luogo se un lavoratore di un altro ente pubblico o azienda privata, a parità di inquadramento, abbia uno stipendio complessivamente minore.

La verità è che la struttura del salario dei dipendenti pubblici, cosa che abbiamo sempre denunciato, ci penalizza in quanto è alta la parte variabile dello stipendio che si attribuisce proprio con la contrattazione aziendale, per cui non a pioggia come si legge dalle carte, ma valutando gli effettivi disagi o particolare impegno e responsabilità di ogni singola mansione lavorativa.

Il difetto però, è che proprio la natura “variabile” di questa parte del salario lo espone alla volatilità, infatti, un qualsiasi taglio delle risorse, difficoltà di bilancio dell’ente, cattiva contrattazione o l’intervento normativo possono decretarne la decurtazione o l’abolizione, pur non cambiando contestualmente l’organizzazione del lavoro per la quale quella parte di salario si assegna. Naturalmente lo stesso discorso vale per tutti i profili a partire dalla Polizia Municipale che, spesso in condizioni estreme, è chiamata a svolgere compiti e servizi 24 ore su 24 che esulano da quelli di naturale competenza come ad esempio l’ordine pubblico. Ma potremmo ricordare gli operatori scolatici, dai docenti delle materne e degli asili nido, agli esecutori, cuochi, cucinieri, autisti scuolabus, ai polivalenti che distribuiscono pasti e materiali nelle scuole ecc. Il medesimo ragionamento vale per gli operatori dei servizi sociali (anziani, disabili ecc.) per chi lavora nei punti anagrafici e ad altri sportelli aperti al pubblico, ai messi notificatori, ai facchini, ai tipografi, agli operatori ambientali a quelli culturali, agli addetti ai servizi tecnici.

Vale per chi si occupa di gestire i sistemi informatici e sicuramente dimentichiamo qualcuno. A questi bisogna aggiungere il personale amministrativo delle varie direzioni (urbanistica, risorse finanziarie, cultura, istruzione, patrimonio immobiliare, sviluppo economico, sport ecc.) chiamato a gestire un’enorme mole di lavoro per far funzionare la complessa macchina organizzativa e burocratica del comune di Firenze, personale oltretutto gravato di responsabilità amministrative per le quali risponde di persona.

Per completezza di informazione bisogna chiarire una volta per tutte, e siamo pronti a dimostrarlo (buste paga alla mano), che i circa quattromila lavoratori e lavoratrici del Comune di Firenze con contratto dei livelli enti locali percepiscono stipendi, comprensivi delle indennità, che vanno dai poco più di mille euro degli inquadramenti più bassi ai circa mille e ottocento euro di quelli più alti, che i dipendenti pubblici in genere, a differenza della maggior parte degli altri comparti, godono solo della tredicesima mensilità. Potremmo aggiungere che l’ultimo rinnovo contrattuale risale al 2009, che non ci sarà un altro rinnovo almeno fino al 2014 e che quindi l’inflazione reale si è mangiata in questi quattro anni il 20% del potere d’acquisto. Va aggiunto un altro 10% di taglio medio alle nostre retribuzioni determinato dall’applicazione unilaterale del contratto aziendale da parte dell’AC fiorentina in vigore dal primo di gennaio. Amministrazione che non ha mai mosso un dito per tutelare la retribuzione dei propri dipendenti e quindi del buon funzionamento della macchina comunale. Al contrario, ha provveduto a tagliare 10 milioni di euro dalle risorse del salario accessorio per salvaguardare se stessa e i propri dirigenti, scaricando sui lavoratori il presunto danno erariale prima ancora che una qualche sentenza lo abbia stabilito in via definitiva. Il tutto condito dalla  beffa delle promesse “pre-primarie” del sindaco Pinocchio che dichiarava di aver confermato intermente le risorse dell’anno precedente con un atto dì indirizzo della Giunta.

Questi stipendi sono comprensivi anche delle cosiddette progressioni orizzontali, che dal CCNL del 1999 hanno sostituito i vecchi scatti di anzianità. Anche se il risultato economico è modesto in particolare per le categorie più basse (dai 120 ai 160 euro lordi circa per le categorie A, B e C che costituiscono insieme circa i tre quarti del totale dei dipendenti, un po’ di più per la categoria D). Bisogna, però, ricordare che queste cifre valgono solo per chi è arrivato al tetto della propria categoria, che ci è arrivato nell’arco di tredici anni concludendo definitivamente e senza “gloria” la propria “carriera” economica e professionale.

A differenza di ciò che sostiene la Corte dei Conti, le progressioni sono state fatte con i criteri stabiliti dalle allora vigenti normative e comunque, il risultato economico è quello sopradescritto non dissimile, invitiamo chiunque a verificare, nella quantità e nella forma da quello di altri enti a noi assimilabili.

La Corte dei Conti contesta anche il cosiddetto istituto della produttività in quanto erogato in maniera non conforme alle norme contrattuali. Noi riteniamo che ciò sia falso: per quanto riguarda l’assegnazione del premio, esso è sempre stato subordinato a sistemi di valutazione individuale e collettiva stabiliti attraverso la contrattazione aziendale in conformità con le diposizioni di legge e contrattuali in materia, oltretutto da noi sempre contestate, paradossalmente proprio per eccesso di selettività e discrezionalità, altro che incentivi a pioggia.

E allora è il momento di sfatare un’altra leggenda: bisogna che tutti sappiano a quanto ammontava, visto che è stato abolito dal CCDI unilaterale, il famoso e contestassimo premio di produttività “rubato”, le cui risorse si trovano e si quantificano all’interno di quella cornice normativa per la quale bisogna certificare reali aumenti di produttività. Si tratta, delle risorse per la produttività del 2011 pagate nel 2012, pari alla miseria di 500 euro l’anno per la categoria più bassa fino a 800 per quella più alta. Ma come si accerta l’aumento di produttività che da diritto al premio?

 

Senza scendere nei tecnicismi legislativi e contrattuali, molto complicati, un dato per tutti: solo dieci anni fa il comune di Firenze contava circa mille dipendenti in più, attualmente i servizi erogati, escludendo quelli esternalizzati, sono più o meno gli stessi e di discreta qualità, anche se la drastica riduzione degli organici e delle risorse di certo non aiuta.

E come è possibile che ciò avvenga? Lavoravano poco quelli che c’erano prima?

Niente affatto, questo risultato è stato possibile solo attraverso la durissima ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro: totale flessibilità oraria, mobilità interna forzata e volontaria, straordinari sostanzialmente obbligatori (il rifiuto poi pesa sulla valutazione individuale), gestione rigida e discrezionale di ferie, turni, permessi, congedi ecc. Carichi di lavoro ormai insostenibili, disponibilità continua ed illimitata di ciascuno, il provvedimento disciplinare come normale prassi di gestione delle relazioni aziendali.

Chiediamo se non erano guadagnati quei 500/600 euro l’anno.

Ebbene questo è lo scenario normativo ed economico nel quale si è consumato il ”furto” di cui si sarebbero resi responsabili oltre 4000 “fannulloni” con la complicità dei delegati RSU.

E’ finito da un pezzo il tempo in cui i dipendenti pubblici hanno goduto di qualche vantaggio se mai c’è stato. Neanche più la sicurezza del “posto fisso” è garantita, le cosiddette “riforme” degli ultimi governi hanno decretato la licenziabilità dei pubblici dipendenti, con la differenza che non sono previsti ammortizzatori sociali. Aggiungiamo pure che il sistema previdenziale dei pubblici, ormai da oltre un decennio, è sostanzialmente equiparato a quello del privato: la pensione diventa una chimera e comunque insufficiente per campare.

Discorso diverso per i dirigenti, di cui si parla poco anche sui giornali, ma che hanno un contratto esclusivo a loro riservato e una propria ultracorporativa rappresentanza sindacale. Il loro numero non si giustifica nella nostra amministrazione, come non si giustificano gli stipendi d’oro, questi sì rubati.

Se si escludono i membri della delegazione trattante che condussero la contrattazione per conto dell’AC, nessun dirigente rischia qualcosa, anzi i loro stipendi continuano ad aumentare, così come aumentano i portaborse assunti da Renzi (ex art 90) che hanno mandato in crisi il bilancio dell’Amministrazione, altro fronte d’inchiesta aperto dalla Magistratura Contabile.

 

La verità, come spesso accade, è profondamente diversa da come viene rappresentata: l’ispezione del MEF da cui è scaturito il provvedimento della Corte dei Conti e che ha coinvolto anche i rappresentanti sindacali (prima volta in Italia) è un evidente attacco politico come noi abbiamo sempre denunciato.

Esso si allinea al vento che si respira da tempo nel paese. Un vento di restaurazione autoritaria condotta dell’asse padroni-stato a danno delle classi sociali più deboli a partire dai lavoratori salariati, dai pensionati, dai precari e da coloro che un lavoro nemmeno ce l’hanno.

La Magistratura Contabile, da organismo terzo col compito di accertare la correttezza della spesa pubblica, si è trasformato in un vero e proprio braccio armato del Governo in funzione di controllo antisindacale, strumento per strappare salario e diritti dei lavoratori, utile a fare cassa, utile a contenere il debito dello Stato sottraendo soldi ai dipendenti pubblici, Grecia docet.

Laddove non si arriva con la Legge Brunetta, con la “spending review”, con la legge di stabilità; quando non basta la storia della contrattazione nazionale al ribasso degli ultimi due decenni e dalle varie riforme della pubblica amministrazione varate con la fattiva collaborazione dei sindacati confederali che oggi piangono lacrime di coccodrillo, lo si fa con la Magistratura Contabile. Questo è quello che sta accadendo a Firenze, come del resto in una serie innumerevole di amministrazioni pubbliche, a dimostrazione che Firenze non è un “caso” ma parte di una strategia.

Dietro il pretesto di rilevare illeciti di varia natura che spesso nulla c’entrano con le materie della contrattazione sindacale, come ad esempio la costituzione dei fondi per il salario accessorio che è prerogativa esclusa della parte datoriale pubblica, si cela la volontà di mettere in discussione il ruolo stesso del sindacato. Già ci aveva pensato Brunetta per legge a depotenziare fortemente l’azione sindacale escludendo materie rilevanti dal campo della contrattazione, ora è addirittura sufficiente un atto della Corte dei Conti per azzerare un’intera epoca di confronto sindacale nella quale, pur con errori, incertezze, contraddizioni e disuguaglianze gravi per quanto riguarda le agibilità sindacali a danno del sindacato di base, si è cercato comunque di salvaguardare i diritti minimi e le retribuzioni dei lavoratori.

Tutto ciò significa che d’ora in avanti saranno gli esecutivi e organismi di stato come la Corte dei Conti a stabilire la retribuzione dei dipendenti, l’organizzazione del lavoro, i diritti (pochi) e i doveri (molti).

Sappia, chi più o meno esplicitamente plaude all’intervento della Corte dei Conti, che l’entrata a gamba tesa che ha messo in discussione l’intero impianto contrattuale, estendendo la responsabilità del presunto danno erariale ai rappresentanti sindacali, sancisce l’abbattimento di quell’insostituibile presidio democratico costituito dal diritto alla rappresentanza sindacale. Stiamo assistendo alla demolizione di uno dei capisaldi costituzionali che garantisce la tutela del lavoro rispetto alle parti datoriali. E’ la testimonianza diretta che in questo paese non esiste più il diritto del lavoro, che ai lavoratori sono negati persino i diritti sindacali. E’ la dimostrazione palese che è illusorio pensare di vivere in una democrazia, se pur liberale. Questo è uno Stato sempre più autoritario schierato a difesa degli interessi della classe padronale e dei potentati economico-finanziari, che si autoalimenta attraverso una rappresentanza politica consociata e collaborante che, se pur con accenti diversi, contribuisce al processo di smantellamento dei residui spazi democratici. Una realtà cruda nella quale la condizione nel mondo del lavoro assomiglia sempre di più a una sorta di nuova schiavitù.

Sappiano, che quando sta avvenendo nel comune di Firenze così come altrove, non è una semplice querelle giuridico-amministrativa, un contenzioso tra un ente qualsiasi e l’organismo statuale controllore dei conti, ma un attacco premeditato, un monito inquietante rivolto ai lavoratori più impegnati e sindacalizzati, è in definitiva una violentissima aggressione ai lavoratori e ai loro diritti di rappresentanza sindacale.

La contrapposizione tra lavoratori pubblici e privati non ha più senso se mai l’ha avuto, anche se è stata abilmente alimentata di chi ha inteso dividere i lavoratori. Al contrario, davanti ad un attacco così violento ai diritti di tutta la classe lavoratrice è urgente unificare le lotte e le vertenze in atto a partire dell’area fiorentina.

All’assemblea generale del 29 gennaio proponiamo di invitare i lavoratori del Maggio, di Ataf, dell’Azienda ospedaliera di Careggi, delle Poste, delle aziende in crisi in lotta per il posto di lavoro come la Richard Ginori.

Nessuno si illuda, non resteremo passivi, convinti che unificare le lotte significa dare più forza a tutti i lavoratori. Affinché ai lavoratori siano restituiti dignità salario, diritti e protagonismo sociale, perché, aldilà delle ciance elettorali, è quello di cui ha veramente bisogno questo disgraziato paese.   

 

COBAS COMUNE DI FIRENZE  Via dei Pepi 47/r – Tel 055245145 Fax 0552268120

E.mail cobas.comunefi@libero.it

PER UNA SOCIETA' DEI BENI COMUNI

Una giornata di dibattito sul libro di Piero Bernocchi
OLTRE IL CAPITALISMO
Discutendo di benicomunismo, per un’altra società.

Guarda gli interventi del Convegno

locandina WEB
Continua